
L’autore
Dario Voltolini
Dario Voltolini (Torino, 1959) è autore di racconti, romanzi, radiodrammi, testi di canzoni e libretti per il teatro musicale. È docente presso la Holden Academy. Cura la collana di narrativa italiana Pennisole per Hopefulmonster editore. Fra i suoi libri ricordiamo: Una intuizione metropolitana (1990), Rincorse (1994), Forme d’onda (1996), 10 (2000), Primaverile (2001). Nel 2003 ha pubblicato I confini di Torino, un ritratto inedito e affascinante della città in cui vive, cui sono seguiti Sotto i cieli d’Italia (2004, con Giulio Mozzi), Le scimmie sono inavvertitamente uscite dalla gabbia (2006), Foravìa (2010), Pacific Palisades (2017), Sedici passeggiate con Kuma (2023) e Imaginations (2024, in: Interdisciplinary Understandings of Active Imagination – The Special Legacy of C.G. Jung, a cura di Chiara Tozzi). Ricordiamo i libretti per Nicola Campogrande Mosorrofa o dell’ottimismo (1993) e Tempi burrascosi (2008, interpretato da Elio), e il testo della canzone per L’Orage Queste ferite sono verdi (2013, vincitrice della XXIII edizione di Musicultura).
“Scrutando, passo davanti alla soglia della loro camera e mi fermo. Loro due sono seduti sul bordo del letto, sulla sua piazza, quella verso la porta finestra. Una di fianco all’altro, come al cinema. Vedo di scorcio le nuche, perché loro guardano in direzione del pavimento. Vedo le schiene. Questo è un istante che ha una durata. Mi allontano senza fare rumore. Una miscela dal potenziale che non si può nemmeno immaginare, fatta di rabbia e di impotenza e di qualcosa senza nome, prende possesso delle mie cellule. Non imparo più nulla, dimentico il poco che so.”

Il Libro
Invernale
Il padre spacca gli animali, entra nelle loro viscere, separa i muscoli dalle membrane, estirpa gli organi e le ossa. Il padre vende pezzi di animali. Il padre si immerge nella voragine biologica e ne tira fuori bistecche. I tagli di carne sono il suo mestiere e la sua arte. Il padre è un macellaio. Il padre ha il compito di inoltrarsi nella carne morta e di uscirne porgendola ai vivi, perché la vita continui la sua catena vorace. Un giorno qualcosa va storto nella coreografia perfetta delle lame e un taglio sghembo quasi gli mozza un pollice. È l’inizio di un’altra discesa nella carne, questa volta la sua. Al lavoro, un batterio lo ha contaminato. Comincia con un’infezione, prosegue con la spossatezza, una diagnosi ferale, i protocolli sanitari, i viaggi in clinica all’estero. Il figlio Dario, ventenne, immerge lo sguardo nella carne del padre che si deteriora, e nella malinconia del congedo. Un’intimità fortissima li avvolge, come succede quasi solo nel rapporto tra figlie e madri. Entriamo nello sguardo del figlio, prensile ed esatto, che vede accasciarsi il padre. La precisione è la forma che assumono la sua devozione e la sua sofferenza.